Certo che sembra davvero si essere tornati indietro di cinquant'anni: atmosfere orientaleggianti, loro che ti parlano come se fossero strafatti - e magari lo sono - e pieni di amore universale. Ne hanno così tanto che straborda fuori dalle loro persone e scivola lungo il pavimento fino a te. Collanine, dell'incenso ho detto, profumi forti di patchouli in tutte le varianti possibili. E le musiche in sottofondo: sitar, coretti alla CSN&Y, armonie west coast e tanta pace. E Jonathan Wilson.
Capelli lunghi, disordinati, con qualche treccina qua e là, occhi sottolineati col kajal usato da una mano tremula , sguardo penetrante e velato da una canna non ancora smaltita, gestualità consapevole e grave, ieratica al punto da trasformare il lavoro del commesso in un rito di profonda spiritualità.