Certo che sembra davvero si essere tornati indietro di cinquant'anni: atmosfere orientaleggianti, loro che ti parlano come se fossero strafatti - e magari lo sono - e pieni di amore universale. Ne hanno così tanto che straborda fuori dalle loro persone e scivola lungo il pavimento fino a te. Collanine, dell'incenso ho detto, profumi forti di patchouli in tutte le varianti possibili. E le musiche in sottofondo: sitar, coretti alla CSN&Y, armonie west coast e tanta pace. E Jonathan Wilson.
Capelli lunghi, disordinati, con qualche treccina qua e là, occhi sottolineati col kajal usato da una mano tremula , sguardo penetrante e velato da una canna non ancora smaltita, gestualità consapevole e grave, ieratica al punto da trasformare il lavoro del commesso in un rito di profonda spiritualità.
Questo è lui e si muove per il negozio come se ponderasse bene ciascuno dei movimenti che deve compiere per svolgere il suo lavoro, anzi la sua funzione. Alto, dinoccolato e assai poco pulito, mette a posto sugli scaffali i boccettini dei prodotti che gli sono appena stati consegnati con una regolarità circospetta e tanta consapevolezza para-tantrica.
Questo è lui e si muove per il negozio come se ponderasse bene ciascuno dei movimenti che deve compiere per svolgere il suo lavoro, anzi la sua funzione. Alto, dinoccolato e assai poco pulito, mette a posto sugli scaffali i boccettini dei prodotti che gli sono appena stati consegnati con una regolarità circospetta e tanta consapevolezza para-tantrica.
Deve avere un'altissima opinione di sé e non fa nulla per nasconderla. Te la distilla nell'atteggiamento come se ti facesse un piacere a fartela intuire. I prodotti costano tanto, troppo, ma il loro valore è la conseguenza del soggetto che te li venderà.
Senza reggiseno, con i capezzoli che spingono sulla camicetta di cotonina stile indiano. Senza trucco, capelli lunghi biondi e selvaggi, sguardo rapace e tutt'altro che in pace col mondo. Fisichino esile, nervoso, al limite dell'anoressia, di una magrezza poco sana. Si nota un collo insolitamente corto che le conferisce un'espressione incassata e naturalmente ingrugnita.
Questa è lei, decisamente più giovane, insicura e totalmente presa dal carisma di lui. Farebbe qualunque cosa per meritarsi il suo amore e alimentare la considerazione che lui le dispensa col contagocce e quando gli viene il capriccio. Lei - lo vede anche un estraneo - se ne sta lì come un cagnolino affamato di cibo e di affetto. Aspetta con la lingua di fuori che il suo padrone gli dia amore e cibo, pronto ad azzannare chiunque entri in competizione. Lei uguale, aggredisce chiunque teme possa alterare l'equilibrio e distogliere il suo idolo dall'attenzione verso di lei. I clienti sono potenziali nemici, disturbatori quando va bene, di un'armonia che non c'è mai del tutto e che ogni evento rischia di trasformare in un'occasione che rovinerà il meraviglioso rapporto che c'è fra loro.
Ha uno strano modo di lisciarsi i capelli con entrambe le mani mentre ti parla insieme. Mentre lo fa il suo sguardo ti sfugge, ma non per timidezza. I suoi occhi sembra che guardino a qualcuno che sta alle tue spalle, solo che non c'è nessuno. Forse ti guarda oltre perché lei è oltre, a cavallo fra mondi diversi e costretta - in questa realtà - a stare chiusa in un negozio di canapa e derivati a fare un'eterna corte a un uomo che magari non la merita neanche.
Jonathan Wilson - Fanfare, 2013 (live qui)
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